Cocktails

Che cos’ è un Cocktail?

Tralasciando ora l’etimologia del termine, possiamo dire che  è una mescolanza equilibrata di diverse bevande  alcoliche e/o analcoliche, dosate secondo le proporzioni prescritte da una ricetta o dettate dal gusto individuale.

Il raggruppamento viene effettuato a seconda degli ingredienti dominanti .

L’IBA ha suddiviso i cocktails in 4 categorie:

  • Pre-dinner
  • After-dinner
  • Long drinks
  • Popular cocktails.

All'inizio del 2010 poi è stata aggiunta una nuova categoria Special cocktails, dove al momento è presente un solo cocktail.

 

Cocktails aperitivi (Pre-dinner)

Si tratta di miscele dal gusto pulito, secco o amabile. In essi sono presenti ingredienti che stimolano l’appetito (per esempio i vermouth, vini, spumanti).

 

Cocktails digestivi (After-dinner)

Sono miscele dal gusto secco o amabili. A volte contengono liquori alle erbe e hanno un’alcolicità medio-alta.

Un tipico esempio è l’Apotheke (non più presente tra icocktails dell'IBA).

Tra quelli più famosi come after dinner vi è sicuramente il Brandy Alexander (conosciuto universalmente semplicemente come Alexander, 1/3l di Cognac, 1/3 di Crema di Cacao bianca, 1/3l di Crema di latte).

 

Cocktail long drink

La funzione di questi cocktails è dissetare. Per questo motivo la loro alcolicità è medio bassa o addirittura assente. I long drink vanno dai 25 ai 30 cl, ma quasi tutti quelli codificati dall'IBA si aggirano intorno ai 15 cl.

 

Popular cocktails

Sono cocktails diventati famosi grazie ad un passaparola oppure perché consumati da qualche personaggio famoso (è il caso del Cosmopolitan preferito dalla cantante Madonna e divenuto ancora più celebre per essere comparso nella serie TV Sex and City).

 

Special cocktails

Cocktail dedicati a personaggi speciali, come al fotografo Phil Coburn che ha perso l'uso delle gambe in un attentato in Afghanistan.

 

Oltre a queste 5 suddivisioni più o meno nette, vi sono anche i cocktails “any time”: si tratta di bevande che grazie alle loro caratteristiche (alcolicità medio-bassa, gusto amabile, per esempio), si possono bere in qualsiasi ora del giorno e della notte. Un tipico esempio è il cocktail Grasshopper (1/3 di Crema di menta verde, 1/3 di Crema di Cacao

bianca, 1/3 di Crema di latte).

 

Cocktail tonici

Sono energetici, alimentari, corroboranti, e i loro ingredient variano dalle uova, al latte; dai succhi di frutta e verdura freschi, fino ad arrivare al brodo di manzo (Bull Shot). Possono essere bevuti in qualsiasi momento della giornata.

I cocktail caldi vengono consumati in genere nel periodo invernale, viceversa in estate si prediligono miscele fredde. Un esempio è il cocktail Bloody Mary che presenta tra gli ingredienti il succo di pomodoro.

 

Storia dei cocktails mondiali

Correva il 2 novembre del 1960: i rappresentanti delle nozioni aderenti all’lba sono riuniti presso l’Hotel Scribe di Parigi per il tradizionale congresso annuale.

L’agenda degli argomenti da dibattere comprende al sesto punto la voce “discussione della codifica delle bevande”. A prendere la parola è il compianto presidente Iba Angelo Zola: a fronte del numero sempre crescente di differenti bevande miscelate, egli propone la formazione di un comitato che riduca il vasto numero di cocktails e ricette. Richiede a ogni comitato nazionale di inviare le proprie preparazioni più tipiche al fine di stabilire una lista che comprenda tra i 50 e gli 80 cocktail che verranno classificati come “approvati dall’lba”. A un anno di distanza, a Oslo, si ha la definizione delle “prime cinquanta ricette di cocktail approvate dalla presidenza Iba”. Con ciò non si è inteso - come potrebbe apparire dalla traduzione letterale degli atti riportati sopra – limitare il numero delle preparazioni miscelate, bensì codificare un ricettario a livello internazionale in grado di definire con precisione i component dei drink prescelti tra i più noti e richiesti e le loro percentuali.

Attraverso la loro diffusione ad ogni iscritto alle associazioni dei barmen delle nozioni aderenti all’lba, per il consumatore sarà possibile richiedere e ottenere, ad esempio, un Mai-Tai sempre uguale in quanto a componenti, proporzioni, preparazione e servizio. Prendeva così il via la storia dei “50 mondiali”, il vangelo di ogni barman la base da apprendere, ma non solo memorizzare, bensì studiare a fondo, analizzare poiché attraverso questo sarebbe stato poi possibile sì soddisfare al meglio ogni richiesta specifica, ma pure comprendere i parametri per la costruzione di quell patrimonio unico che è il “ricettario” proprio di ogni barman, composto  di preparazioni personali e inedite, molte delle quali, grazie alla propria validità, si affermano e acquistano notorietà, una fama che spesso si spinge oltre i confini nazionali.

Nel frattempo avviene anche che alcune preparazioni col passare del tempo non incontrino più il gusto del consumatore, pertanto vengano sempre meno richieste e cadano nel classico “dimenticatoio”. Oppure, qualche barman non ci crede più: qualche barman che conta a livello internazionale naturalmente. E così succede che nel novembre 1985 ad Amsterdam, nel corso del congresso mondiale dei barmen Iba, viene istituita una commissione a cui si 15 affida il compito di esaminare la realtà del bere miscelato ed apportare le opportune modifiche. Variazioni che puntualmente vengono presentate l’anno dopo (sempre in novembre) nella caratteristica località normanna di Deauville: i “mondiali” passano da 50 a 73, non solo con numerosi nomi nuovi, ma anche con numerose “uscite”, cui si unisce un’appendice: i 25 cocktail vincitori degli “Iba’s World Challenge”, ovvero primi classificati ai campionati mondiali che si svolgono ogni tre anni. E’ facile capire quale sia stato l’impegno per ogni operatore per memorizzare e studiare a fondo le nuove ricette e soprattutto le modifiche di quelle rimaste, lasciando una coda di polemiche discussioni, e in alcuni casi di rifiuto che si è protratta per alcuni anni.

Si arriva così al 1993 (sempre nel fatidico novembre) a Vienna: un’altra commissione che ha lavorato sull’onda delle critiche giunte dai bar di ogni parte del mondo (soprattutto i giovani non sapevano cosa fare: nelle scuole alberghiere gli avevano insegnato i mitici 50 cocktail in un dato modo, ora si trovavano a ribaltare dosi e ingredienti) presenta il nuovo abc del bere miscelato, i cocktail mondiali si riducono da 73 a 53 con l’aggiunta di 4 ricette analcoliche. Nel 1993 le proporzioni per la quasi totalità dei casi sono rimaste fissate in decimi (lo avevano deciso nel 1986), ma alcuni cocktails come l’Alexander, il Grasshopper e il celebre Negroni riconquistano i “terzi” con il sommo gaudio dei “beventi”. Ma anche la classificazione in decimi non va più bene (e giustamente, visto che se si parla di liquidi e capienza di bicchieri bisogna ragionare in litri, centilitri e millilitri).

Oggi i cocktail sono tutti in centilitri e sono aumentati arrivando a 66 cocktails. Negli USA come entità di misura troviamo le once (abbreviate nei ricettare in oz).

Come personale parere, le proporzioni di un drink non possono e non devono essere cambiate.

Lo snaturalizzare la ricetta di un cocktail fin dalle sue origini, è un abominio e non ne si racconta la vera storia ed emozioni di chi lo ha ideato.

 


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